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Il passo più importante fatto dalla Medicina..i VACCINI

Le vaccinazioni ci proteggono da malattie gravi e potenzialmente mortali e costituiscono uno dei più potenti strumenti di prevenzione a disposizione della  sanità pubblica. Grazie alla vaccinazione, il vaiolo è stato eradicato a livello globale nel 1980 e la polio è stata eliminata da varie Regioni del mondo, inclusa la Regione europea nel 2002. Inoltre, le incidenze di altre malattie, come il morbillo, la rosolia, la pertosse, la parotite, la meningite da Haemophilus influenzae (Hib) sono diminuite notevolmente.

Qualche breve nozione sulle vaccinazioni

Nel 1796, il medico inglese Edward Jenner utilizzò con successo il pus di una lesione da vaiolo  bovino (Vaccinia) per immunizzare un bambino di 8 anni contro il vaiolo umano. Data l’origine del composto immunizzante, il virus Vaccinia, Jenner coniò il termine “vaccinazione” per descrivere la nuova procedura. Il principio su cui si basano i vaccini è ancora oggi lo stesso, anche se la tecnica di preparazione si è raffinata. Per approfondire, leggi anche l’articolo pubblicato nel 2005 da Stefan Riedel “Edward Jenner and the history of smallpox and vaccination” (Proc (Bayl Univ Med Cent) 2005 January; 18(1): 21–25).

Cosa contengono e come funzionano i vaccini

L’immunizzazione attiva (o vaccinazione) contro le infezioni si basa sulla somministrazione di una piccolissima quantità di un agente infettivo inattivato (virus o batterio, ucciso o attenuato) o di componenti del microorganismo resi sicuri (come antigeni importanti o sostanze che alcuni microorganismi producono) o di proteine ottenute sinteticamente. In questo modo si evoca una risposta immunologica (immunità umorale e cellulare) simile a quella prodotta dall’infezione naturale senza causare la malattia e le sue complicanze.

Il principio sfruttato dalla vaccinazione è quello della memoria immunologica, cioè la speciale capacità del nostro sistema immunitario di ricordare le sostanze estranee, tra cui i microorganismi di diversa provenienza, che hanno attaccato il nostro organismo e contro le quali vengono prodotti anticorpi specifici. La vaccinazione simula il primo contatto con l’agente infettivo per stimolare il sistema immunitario e aumentare la concentrazione di cellule e anticorpi specifici in modo che se il microorganismo viene effettivamente incontrato può essere neutralizzato.

Con la vaccinazione, in alcuni casi i batteri e i virus sono introdotti nell’organismo già uccisi, quindi non più in grado di causare malattia ma ancora sufficienti a stimolare una risposta immunologica. In altri casi i batteri e i virus sono invece attenuati, ossia non uccisi ma modificati in modo da non essere più attivi. Esempi di vaccini attenuati sono il vaccino Sabin contro la poliomielite e il vaccino contro il morbillo, la parotite e la rosolia (Mpr). In alcuni casi, si utilizzano le sostanze tossiche prodotte dai microorganismi che vengono inattivate prima dell’introduzione nel nostro organismo, come nel caso del vaccino antitetanico e dell’antidifterico. A volte si utilizzano componenti della superficie dei virus o della capsula esterna dei batteri, come nel caso dell’Haemophilus influenzae b. Infine, una serie di vaccini prevede l’utilizzo di proteine sintetiche, ottenute in laboratorio e che simulano componenti dei virus, come è il caso dell’epatite B o della pertosse. Alle componenti batteriche e virali vengono aggiunti, nella composizione dei vaccini, diversi coadiuvanti per favorirne l’efficacia, prevenirne la contaminazione da parte di altri agenti microbici e stimolare le difese immunitarie dell’organismo vaccinato. Per avere maggiori dettagli sulle modalitàdi preparazione dei vaccini visita il sito del Network italiano per le vaccinazioni.

Nella maggior parte dei casi, le vaccinazioni proteggono per tutta la vita per cui non sono previsti richiami oltre al ciclo di base. Alcune vaccinazioni, come quella per il tetano, richiedono l’esecuzione di una o più dosi di richiamo dato che la protezione decade con il tempo. La vaccinazione quindi è il modo più sicuro ed efficace per ottenere la protezione da alcune gravi malattie. In caso di epidemie o dell’insorgenza di casi di malattia nella comunità, i soggetti vaccinati avranno probabilità molto minori o nulle di contrarre l’infezione. Il vantaggio non è solo personale però. Infatti, per le malattie infettive che si trasmettono da persona a persona, se la percentuale di soggetti vaccinati all’interno di una comunità o popolazione è sufficientemente elevata,  la trasmissione dell’agente infettivo nella popolazione è ridotta e anche i soggetti che per particolari condizioni di salute non possono ricevere il vaccino risultano protetti da quella che viene definita una “immunità di gregge”, cioè dalla bassa possibilità di diffusione della malattia, e quindi di contagio. Per alcune malattie, se vengono mantenute coperture sufficientemente elevate nel tempo, questo impedisce al virus di circolare fino alla sua scomparsa permanente. Per le malattie infettive che non si trasmettono da persona a persona, come il tetano, non è valido il concetto dell’immunità di gregge e ogni persona non adeguatamente vaccinata è a rischio di contrarre la malattia.

Obiettivi di una strategia vaccinale

I possibili obiettivi di una strategia vaccinale sono tre: controllo, eliminazione ed eradicazione. Il controllo di una  malattia si riferisce alla riduzione del numero di casi e/o delle sue complicanze, come ad esempio nel caso della vaccinazione antinfluenzale somministrata agli anziani e nei soggetti a maggior rischio. Per eliminazione invece si intende l’interruzione della trasmissione endemica di una malattia in una determinata area geografica, con assenza di casi autoctoni di malattia. Con l’eliminazione di una malattia da una determinata area geografica rimane comunque il rischio di reintroduzione della malattia da altre aree dove questa è ancora presente oppure di contrarre la malattia durante un viaggio all’estero. Per questo, la vaccinazione devo essere continuata. Infine, il traguardo più ambizioso riguarda l’eradicazione di una malattia. Questa si riferisce alla definitiva scomparsa dell’agente causale e della malattia a livello globale. Solo con l’eradicazione non c’è più bisogno di vaccinare visto che non c’è più né la malattia né l’agente patogeno. Questo traguardo è stato finora raggiunto solo per il vaiolo.

I vaccini disponibili

 Esistono malattie per cui la vaccinazione è obbligatoria o raccomandata, altre per le quali si effettua solo in particolari occasioni come i viaggi in Paesi dove la malattia è endemica. In generale le principali malattie prevenibili con la vaccinazione sono: difterite (in Italia, vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati), epatite virale B (in Italia, vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati), meningite, infezione da papillomavirus umano (Hpv), morbilloparotite,pertossepoliomielite (in Italia, vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati), rosoliatetano (in Italia, vaccinazione obbligatoria per i nuovi nati), varicella.

Per maggiori informazioni sulle vaccinazioni e sui vaccini consulta anche il documento “Domande frequenti sulle vaccinazioni e sui vaccini” (pdf 592 kb), predisposto da un gruppo di lavoro istituito presso il ministero della Salute.

Miti da sfatare secondo l’Oms

Mito 1: migliore igiene e sanificazione fanno scomparire le malattie. I vaccini non sono necessari. FALSO
Fatto 1: Le malattie che oggi si possono evitare con la vaccinazione torneranno se fermiamo i programmi di vaccinazione. Mentre una migliore igiene, il lavaggio delle mani e l’aiuto di acqua pulita protegge dalle malattie infettive, molte infezioni possono diffondersi indipendentemente dal livello di ifgiene. Se le persone non sono vaccinate,  malattie che sono diventate non comuni, come la poliomielite e il morbillo, tornerebbero ad esserlo molto velocemente.

Mito 2: I vaccini hanno diversi effetti collaterali dannosi a lungo termine che sono ancora sconosciuti. La vaccinazione può anche essere fatale. FALSO
Fatto 2: I vaccini sono molto sicuri. La maggior parte delle reazioni ai vaccini sono di solito lievi e temporanee, come ad esempio un braccio dolorante o febbre lieve. Eventi sanitari molto gravi sono estremamente rari e sono attentamente monitorati e studiati. C’è molta più probabilità diessere gravemente colpiti da una malattia prevenibile con il vaccino che da un vaccino. Ad esempio, nel caso di poliomielite, la malattia può causare paralisi, il morbillo può causare l’encefalite e la cecità, e alcune malattie prevenibili da vaccino possono anche portare alla morte. Mentre qualsiasi grave lesione o morte causati dai vaccini sono eventi rarissimi, i benefici della vaccinazione superano di gran lunga i rischi, e molti, molti più malati e morti si sarebbero verificato senza vaccini. 

Mito 3: Il vaccino combinato contro difterite, tetano e pertosse (tosse convulsa) e il vaccino contro la poliomielite provocano la sindrome da morte improvvisa del lattante. FALSO
Fatto 3: Non vi è alcun nesso di causalità tra la somministrazione dei vaccini e morte improvvisa del lattante, tuttavia, questi vaccini vengono somministrati in un momento in cui i bambini possono soffrire di sindrome da morte improvvisa del lattante (SIDS). In altre parole, i decessi per SIDS sono co-incidentali alla vaccinazione e l’evento si sarebbe verificato anche in assenza di vaccinazione. E ‘importante ricordare che queste quattro malattie sono pericolose per la vita e i bambini che non sono stati vaccinati sono a grave rischio di morte o di gravi disabilità.
 
Mito 4: Le malattie prevenibili da vaccino sono quasi debellate nel mio paese, quindi non c’è motivo di essere vaccinati. FALSO
Fatto 4: Anche se molte malattie prevenibili da vaccino sono diventati non comuni in molti paesi, gli agenti infettivi che le causano continuano a circolare in alcune parti del mondo. In un mondo altamente interconnesso, questi agenti possono attraversare i confini geografici e infettare chi non è protetto. In Europa occidentale, ad esempio, focolai di morbillo si sono verificati nelle popolazioni non vaccinate in Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera e Regno Unito dal 2005. Per questo la vaccinazione serve sia per proteggerci che perproteggere coloro che ci circondano. Programmi di vaccinazione di successo dipendono dalla collaborazione di ogni individuo al fine di garantire il bene di tutti. Non dobbiamo fare solo affidamento sugli altri per fermare la diffusione della malattia, anche noi dobbiamo fare quello che possiamo.
 
Mito 5: Le malattie infantili prevenibili con vaccino sono solo un fatto spiacevole della vita. FALSO
Fatto 5: Le malattie prevenibili da vaccino non devono essere ‘fatti della vita “. Malattie come il morbillo, la parotite e la rosolia sono gravi e possono portare a gravi complicazioni in bambini e adulti, compresa la polmonite, l’encefalite, la cecità, la diarrea, le infezioni dell’orecchio, la sindrome da rosolia congenita (se una donna si infetta con la rosolia in gravidanza), e la morte. Tutte queste malattie e la sofferenza da loro derivante  possono essere prevenute con i vaccini. La mancata vaccinazione contro queste malattie lascia i bambini inutilmente vulnerabili.
 
Mito 6: Somministrare a un bambino più di un vaccino alla volta può aumentare il rischio di effetti collaterali dannosi, che possono sovraccaricare il sistema immunitario del bambino. FALSO
Fatto 6: Evidenze scientifiche dimostrano che somministrare più vaccini contemporaneamente non ha effetti negativi sul sistema immunitario di un bambino. I bambini sono esposti a diverse centinaia di sostanze estranee che scatenano una risposta immunitaria ogni giorno. Il semplice atto di mangiare cibo introduce nuovi antigeni nel corpo, e di numerosi batteri vivi in bocca e il naso. Un bambino è esposto a molti più antigeni da un raffreddore o mal di gola comune di quanto non sia dai vaccini. Il principale vantaggio di somministrare diversi vaccini in una volta sta nel minor numero di visite cliniche, che consente di risparmiare tempo e denaro, ed i bambini hanno maggiori probabilità di completare le vaccinazioni raccomandate in programma. Inoltre, quando è possibile avere una vaccinazione combinata, ad esempio per morbillo, parotite e rosolia, ciò significa un minor numero di iniezioni.
 
Mito 7: L’influenza è solo un fastidio, e il vaccino non è molto efficace. FALSO
Fatto 7: L’influenza è molto più di un fastidio. Si tratta di una grave malattia che uccide 300. 000-500. 000 persone in tutto il mondo ogni anno. Le donne in gravidanza, i bambini piccoli, gli anziani con problemi di salute e chiunque con una condizione cronica, come l’asma o malattie cardiache, sono a maggior rischio di infezioni gravi e di morte. Vaccinare le donne in gravidanza ha il vantaggio di proteggere i loro neonati (attualmente non esiste un vaccino per i bambini sotto i sei mesi). La vaccinazione offre immunità ai tre ceppi più diffusi che circolano in ogni stagione. E ‘il modo migliore per ridurre le probabilità di una grave influenza e di diffonderla agli altri. Evitare l’influenza significa evitare costi di cure mediche supplementari e costi sociali legati alla malattia.
 
Mito 8: E ‘meglio essere vaccinati attraverso la malattia che attraverso i vaccini. FALSO
Infatti 8: I vaccini interagiscono con il sistema immunitario per produrre una risposta immunitaria simile a quella prodotta dall’infezione naturale, ma non causano la malattia evitandone i rischi connessi ele complicanze. Al contrario, il prezzo pagato per ottenere l’immunità attraverso l’infezione naturale potrebbe essere il ritardo mentale da Haemophilus influenzae di tipo b (Hib), difetti di nascita da rosolia, il cancro al fegato da virus dell’epatite B, o la morte per morbillo.
 
Mito 9: I vaccini contengono mercurio che è pericoloso. FALSO
Fatto 9: Il Tiomersale, contiene mercurio ed è un composto organico aggiunto ad alcuni vaccini come conservante. E ‘il conservante più utilizzato per i vaccini che sono forniti in fiale multidose. Non ci sono prove che suggeriscono che la quantità di tiomersale usata nei vaccini rappresenti un rischio per la salute.
 
Mito 10: I vaccini causano l’autismo FALSO
Fatto 10: Lo studio del 1998 che ha sollevato preoccupazioni circa un possibile legame tra il morbillo-parotite-rosolia (MMR) e l’autismo è stato risultato essere estremamente carente, e il documento è stato ritirato dalla rivista che lo pubblicò. Purtroppo, la sua pubblicazione ha provocato un panico che ha portato alla caduta dei tassi di immunizzazione, e successive epidemie di queste malattie. Non ci sono prove di un legame tra il vaccino MMR e l’autismo o disturbi autistici
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Intolleraza o allergia alimentare..questo il dilemma!

Le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, piuttosto che di allergia, quando la reazione non è provocata dal sistema immunitario. Le intolleranze sono più comuni delle allergie.

Le prime osservazioni sui disturbi legati all’ingestione di cibo sono molto antiche: già Ippocrate aveva notato gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca. Tuttavia, le reazioni avverse al cibo costituiscono ancora una delle aree più controverse della medicina: non sono sempre chiari i meccanismi che ne stanno alla base e c’è ancora molta incertezza sulla sintomatologia clinica, sulla diagnosi e sui test che vengono utilizzati per effettuarla. Di conseguenza, ci sono differenze di opinione sulla diffusione di questi disturbi e sul loro impatto sociale.

Le reazioni avverse al cibo: classificazione

Per definire i disturbi legati all’ingestione del cibo sono stati e vengono tuttora usati molti termini. L’American Academy of Allergy Asthma and Immunology ha proposto una classificazione, largamente accettata, che utilizza il termine generico “reazione avversa al cibo”, distinguendo poi tra allergie e intolleranze: le allergie sono mediate da meccanismi immunologici; nelle intolleranze, invece, la reazione non è provocata dal sistema immunitario.
Una classificazione simile, proposta dalla European Academy of Allergology and Clinical Immunology, introduce la distinzione tra reazioni tossiche e non tossiche. Le reazioni tossiche, o da avvelenamento, sono causate dalla presenza di tossine nell’alimento e dipendono esclusivamente dalla quantità di alimento tossico che viene ingerito; un tipico esempio di reazione tossica è l’avvelenamento dovuto all’ingestione di funghi. Le reazioni non tossiche, invece, dipendono dalla suscettibilità dell’individuo e si suddividono in allergie e intolleranze.

Le intolleranze alimentari

Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari. Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti, di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo. L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, una sostanza contenuta nel latte; la forma più comune di intolleranza al grano è la celiachia; un altro esempio di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo. Le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole presenti in alcuni cibi. In alcuni casi, infine, la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti agli alimenti. Non è ancora chiaro se in questo caso si tratti di intolleranza o di allergia: non ci sono prove che la reazione abbia basi immunologiche, ma le manifestazioni sono così variabili che non si può escludere la possibilità di un’interazione tra meccanismi biochimici e meccanismi mediati immunologicamente.

Sono state individuate le principali sostanze che possono provocare intolleranze farmacologiche (un gruppo di sostanze chiamate amine vasoattive e altre sostanze tra cui la caffeina e l’alcol etilico: vedi tabella 1) e gli additivi che danno più frequentemente reazioni (i cibi in cui sono contenuti e i sintomi che possono provocare: vedi tabella 2).

Sintomi e complicanze

La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è piuttosto variabile: generalmente si riscontrano sintomi prettamente intestinali (dolori addominali, diarrea, vomito, perdita di sangue con le feci), raramente vengono colpiti altri organi. Le allergie, invece, poiché sono scatenate da meccanismi immunologici, possono manifestarsi anche senza sintomi intestinali.

La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica; le allergie possono avere anche complicanze più gravi, fino allo shock anafilattico.

Diagnosi

La diagnosi di intolleranza alimentare è una diagnosi per esclusione: è possibile solo dopo aver indagato ed escluso un’allergia alimentare. L’indagine utilizzata per accertarla consiste nell’individuare l’alimento sospetto, eliminarlo dalla dieta per 2-3 settimane e poi reintrodurlo per altre 2-3 settimane. Se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento e si ripresentano nel momento in cui viene reintrodotto nella dieta si tratta di una reazione avversa al cibo. A questo punto si verifica, attraverso test diagnostici, se è coinvolto il sistema immunitario e se si tratta pertanto di un’allergia; in caso contrario il disturbo è molto probabilmente dovuto a un’intolleranza.

Oggi esistono anche dei “test alternativi” (per esempio il test citotossico) per diagnosticare le intolleranze alimentari, ma sono privi di attendibilità scientifica e non hanno dimostrato efficacia clinica.

Il trattamento per le intolleranze alimentari, come per le allergie, consiste nell’eliminare dalla dieta o consumare in piccole quantità gli alimenti che provocano la reazione.

Intolleranza al lattosio

La più comune intolleranza enzimatica è quella al lattosio, generalmente ereditaria e molto diffusa in Asia e in alcune regioni dell’America. In Europa, è più frequente nelle aree mediterranee, tra cui l’Italia e meno nel Nord.

Il lattosio è lo zucchero contenuto nel latte. Prima di essere assorbito e utilizzato dall’organismo il lattosio deve essere scomposto nelle sue componenti, il glucosio e il galattosio. Per effettuare questa operazione è necessario un enzima chiamato lattasi. Se non vengono prodotte sufficienti quantità di lattasi una parte del lattosio può non essere digerito.

Una scarsa produzione di lattasi non implica necessariamente l’intolleranza al lattosio. Pertanto, questa intolleranza può essere ridotta attraverso la graduale reintroduzione nella dieta dei cibi contenti lattosio.

La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i sintomi, che possono includere flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali.
In caso di diagnosi di intolleranza al lattosio non è sempre necessario eliminare i prodotti che lo contengono, a volte è possibile individuare la quantità di lattosio che può essere tollerata senza scatenare sintomi. Se l’intolleranza è lieve possibile controllare i sintomi bevendo il latte durante i pasti, sostituendo i prodotti freschi con quelli fermentati, bevendo latte povero di lattosio. Alcuni formaggi (parmigiano, emmental, cheddar, edam) contengono pochissimo lattosio. Se l’intolleranza è grave è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti. Il test specifico è il Breath test al lattosio.

Aspetti epidemiologici

Esistono molte incertezze riguardo l’esatta prevalenza delle intolleranze e delle allergie alimentari. Le cause di questo sono numerose: confusione nella terminologia, differenze nei criteri diagnostici e mancanza di procedure diagnostiche idonee, disuguaglianze nelle valutazioni da parte dei genitori nel caso di bambini.

Sicuramente sono in aumento le allergie di tipo respiratorio, ma non è chiaro quale sia il trend di quelle alimentari. La prevalenza di questo tipo di allergie, infatti, potrebbe essere sovrastimata a causa dell’utilizzo di test diagnostici alternativi o che non hanno un valore scientifico.

A livello nazionale i dati sulla prevalenza delle reazioni avverse al cibo sono piuttosto scarsi. Lo studio ICONA2003 sulla copertura vaccinale, condotto dall’Istituto superiore di sanità, ha raccolto anche il dato sulle allergie alimentari: l’8% delle madri ha riferito che il proprio bambino ha sofferto o soffre di intolleranze, ma su questo dato ci sono forti differenze regionali. Studi europei stimano una percentuale di reazioni avverse al cibo intorno al 7,5% nei bambini e al 2% negli adulti.

L’American Academy of Allergy Asthma and Immunology riporta i dati relativi agli Stati Uniti: l’8% dei bambini di età inferiore a sei anni ha reazioni avverse al cibo; di questi, dal 2 al 4% hanno reazioni allergiche. Tra gli adulti la prevalenza di reazioni avverse al cibo è stimata intorno all’1-2%.

La diffusione delle diverse intolleranze alimentari è legata in gran parte alle abitudini di vita: in Italia le intolleranze più comuni sono quelle al latte, al grano, all’uovo e alla soia (quest’ultima è diffusa soprattutto tra i bambini, la cui alimentazione è particolarmente ricca di questa sostanza). Negli Stati uniti l’intolleranza più diffusa è quella alle arachidi, nei paesi scandinavi quella al pesce.

Procedure diagnostiche

La diagnosi di allergia alimentare si basa sull’utilizzo di procedure standardizzate e condivise dalla comunità scientifica, che derivano dalle conoscenze sui meccanismi immunologici e fisiopatologici e non si trovano in farmacia.

Anamnesi. È il primo passo: attraverso un approfondito colloquio col paziente, il medico riesce a ottenere preziosissimi indirizzi diagnostici che dovrà poi confermare attraverso i test cutanei.
Test Cutanei: Le prove allergologiche cutanee con estratti di allergeni alimentari vengono eseguite attraverso un esame che prende nome di skin prick test e consiste nell’applicare una goccia di estratto contenente l’allergene sulla pelle leggermente graffiata dell’avambraccio del paziente. I problemi collegati a questo test, molto semplice da eseguire, sono sostanzialmente dovuti alla grande variabilità di reazioni, che alcune volte possono portare a falsi positivi o falsi negativi. Esiste successivamente un test, di pertinenza specialistica, che prevede l’applicazione “a fresco” dei presunti allergeni, il Prick To Prick.
Dosaggio delle IgE specifiche per allergeni alimentari: Quando i test cutanei non sono in grado di dare indicazioni precise o quando non sia possibile eseguirli si può ricorrere al dosaggio delle immunoglobuline di tipo E specifiche per gli allergeni alimentari.
La ricerca delle IgE specifiche (RAST) deve essere mirata verso quegli allergeni che, in base ai
risultati dei test cutanei e dei dati anamnestici, hanno maggiori probabilità di avere un coinvolgimento nella sintomatologia del paziente.
Diete di eliminazione: Si deve sempre ricorrere alle diete di eliminazione in tutti i risultati dubbi e per avere la certezza dell’individuazione dell’allergene.
Se l’eliminazione dalla dieta di un alimento sospetto determina la risoluzione dei sintomi, quell’alimento è l’indiziato principale; se tuttavia le manifestazioni cliniche continuano, deve essere presa in considerazione, prima di scagionare definitivamente il sospettato, la possibilità di allergie crociate con altri alimenti simili, come riportato poche righe più sopra.
La certezza verrà data a questo punto dalla ricomparsa della sintomatologia in seguito a reintroduzione dell’alimento
Test di provocazione orale: Rappresenta ad oggi la “prova del nove” per la diagnosi di allergie alimentari, anche se è un esame da effettuare in particolari strutture, seguiti da personale esperto sono poiché non è esente da rischi per il paziente. Per questo motivo viene usato piuttosto raramente.

Test per le intolleranze alimentari: tutta una farsa?

Stanno sempre più dilagando test approssimativi, fantasiosi, magici e di moda che non hanno alcun fondamento scientifico e che pertanto, pur essendo molto diffusi, non sono approvati dalle Società di Allergologia, o dalla Federazione degli Ordini dei Medici, e mietono sempre maggior numero di incaute vittime. Queste metodologie sono sempre inefficaci, ma in alcuni casi possono anche essere non sufficientemente sicure e persino dannose, in quanto possono ritardare una diagnosi corretta e quindi l’applicazione dei provvedimenti terapeutici più idonei. Con questi test spesso si evidenziano delle presunte allergie o intolleranze a molteplici alimenti e sulla base dei risultati vengono prescritte diete approssimative, talora prive del necessario apporto calorico e/o vitaminico. Per la loro scarsa affidabilità non hanno infatti superato i controlli a cui sono stati sottoposti.
Rientrano in queste metodiche il test leucocitotossico, i test di provocazione/neutralizzazione, il test DRIA, i test di elettroagopuntura (VEGA, SARM, ecc), la kinesiologia applicata, la biorisonanza.Aut. SIAE n. 1647/I/ 1697

Link e studi per approfondire

Ministero della Salute: intolleranze e allergie alimentari

Pagina del sito del ministero della Salute dedicata a intolleranze e allergie alimentari.

Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione

Pagina del sito dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran) dedicata ad allergie e intolleranze alimentari.

American Academy of Allergy Asthma and Immunology

Pagina del sito dell’Accadema americana di allergologia e immunologia dedicata alle allergie alimentari.

European Academy of Allergology and Clinical Immunology

Sito dell’Accademia europea di allergologie e immunologia clinica.

Food allergy: an overview

Pubblicazioni dello statunitense National Institute of Allergy and Infectious Diseases sulle allergie alimentari.

British Nutrition Foundation

Pagine del sito della British Nutrition Foundation dedicate alle reazioni avverse al cibo, con informazioni sulle allergie e intolleranze alimentari, sull’intolleranza al lattosio, sull’allergia alle arachidi, sull’itolleranza al grano e sulla celiachia

Recente articolo su Repubblica

http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2016/11/14/news/alimentazione_sempre_piu_italiani_si_credono_allergici_ma_non_e_sempre_cosi_-151973350/